Riserva Naturale di Decima Malafede

Una riserva di acque e antiche foreste

La Riserva Naturale di Decima Malafede, istituita nel 1997, racchiude nei suoi oltre 6000 ettari di estensione una porzione di Campagna Romana compresa tra il settore sud-occidentale della città, il Vulcano Laziale e le coste tirreniche. Si tratta dell’area protetta più estesa del sistema gestito dall’Ente RomaNatura e si caratterizza per la presenza di aree ad elevato interesse naturalistico, paesaggistico e storico-archeologico. La mancata urbanizzazione massiccia di questo territorio ha infatti consentito di conservare, fino ai giorni nostri, testimonianze significative di necropoli e vicende accadute in epoche protostoriche, ma anche legate alle origini della città di Roma.

Il paesaggio che si incontra visitando la Riserva è quello tipico di tutta la Campagna Romana, dove basse colline con la sommità pianeggiante si alternano a strette valli percorse da fossi d’acqua, che costituiscono nell’insieme un ramificato sistema idrografico. Per oltre il 58% questo paesaggio è occupato da aree agricole, coltivate in molti casi con metodi di agricoltura biologica. Di particolare interesse è la natura geologica dell’area, assai complessa e condizionata nel tempo da numerosi e differenti eventi. Decima Malafede si colloca infatti in un’ampia zona di contatto tra terreni di origine vulcanica (del sistema vulcanico di Albano) e terreni originati dai sedimenti di acque interne o marine. Testimonianze dell’antico e continuo sfruttamento di queste risorse geologiche nell’area sono tutt’ora visibili: zone di affioramento e cave a cielo aperto, in uso in passato, permettono ad un’attenta lettura la comprensione della complessa evoluzione a partire dai periodi più remoti.

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Il paesaggio vegetale della riserva si mostra variegato e i fattori che incidono principalmente sono il clima e i tipi di suoli. Nei versanti esposti a sud, gli alberi dominanti sono le querce sempreverdi come il leccio e la quercia da sughero, accompagnate da altre specie tipiche mediterranee che, in alcune zone della riserva danno luogo a paesaggi tipici della cosiddetta macchia mediterranea, caratterizzati dalla presenza di specie quali il corbezzolo, la fillirea, il lentisco, l’erica arborea e i cisti. Nei versanti più freschi, in esposizione nord, trovano invece migliori condizioni le specie arboree a foglie caduche come gli aceri e differenti tipi di querce.

All’interno del territorio della Riserva si trovano le più grandi aree boscate della Campagna Romana: oltre 1000 ettari di boschi misti di querce come la Macchia di Capocotta e Macchiagrande di Trigoria. La loro collocazione, a ridosso della Tenuta di Castelporziano (Riserva Statale), rende i due boschi citati importanti elementi di continuità con le foreste di elevato pregio naturalistico presenti all’interno della Tenuta, garantendo così ad una gran specie di animali e vegetali di muoversi in un’area estesa migliaia di ettari.

Nel complesso i boschi della Riserva sono costituiti essenzialmente da querceti di varia natura riconducibili a quattro diverse
tipologie:
boschi misti di querce con prevalenza di cerro e farnetto accompagnate da acero
campestre e frassino che si sviluppano su versanti poco scoscesi sia su terreni vulcanici che argillosi;
boschi misti di querce da sughera e farnetto su suoli vulcanici;
boschi misti a roverella , leccio e quercia da sughero su versanti molto scoscesi su terreni
di origine vulcanica;
boschi cosiddetti igrofili, che si sviluppano lungo i corsi d’acqua costituiti principalmente
da salici, ontani, pioppi e farnie.

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Degno di nota è il bosco della Macchia di Capocotta, residuo dei boschi umidi di pianura che un tempo dominavano la fascia costiera dal sud della Toscana al nord della Campania, scendendo lungo tutta la costa laziale. Questo bosco, in cui è facile trovare raccolte d’acqua temporanee o semi-permanenti, è dominato da querce, in particolare cerro e farnetto, miste a specie arboree quali olmi, ornelli, aceri, ma anche querce da sughero e la quercia crenata (un ibrido tra la sughera e il cerro). Di maggiore importanza, tanto da essere riconosciuto come Sito di Importanza Comunitaria della UE, è la Sughereta di Castel di Decima, oltre 500 ettari di boschi e praterie a graminacee ricchi di specie animali e vegetali di notevole interesse.

Dal punto di vista faunistico quasi tutta la Riserva conserva al suo interno popolamenti piuttosto ricchi, favoriti dalla presenza di un mosaico di ecosistemi che ne garantiscono un’elevata diversità. Sono presenti, ad esempio, tutte le specie di anfibi segnalate per la provincia di Roma: rospi, rane, raganelle, tritoni popolano tutte le zone umide della Riserva.

Ricco e diversificato è anche il popolamento di rettili con specie di elevato interesse quali: la testuggine d’acqua e la testuggine comune (inseriti nella lista internazionale di specie minacciate). Alle stesse liste appartengono alcune specie di pesci (come la rovella, il barbo e il varione) che popolano parte del ricco sistema di fossi del territorio, che alimenta successivamente il Tevere.

Ma è sicuramente con gli uccelli che si registra la maggior presenza di specie: i dati scientifici descrivono 98 specie, di cui 71 nidificanti, censite nei differenti ambienti naturali della Riserva.

L’ambiente che mostra i valori più elevati di presenza di specie ornitiche è sicuramente quello dei coltivi alberati, in cui l’alternanza di aree a coltivazioni tradizionali, con filari alberati e siepi, garantisce ad un gran numero di specie condizioni favorevoli alle proprie esigenze ecologiche. Tra le specie più facilmente osservabili, si segnalano diversi rapaci diurni come il nibbio bruno, la poiana o il più piccolo gheppio.

Negli ambienti forestali è il gruppo dei picchi, con il picchio rosso minore, il picchio rosso maggiore e il picchio verde, ad essere più facilmente individuabili, grazie al tipico tamburellare del becco sulle cortecce degli alberi alla ricerca di larve o insetti di cui nutrirsi. Barbagianni, allocco, civetta e assiolo sono invece i rapaci notturni che popolano dopo il tramonto i diversi ambienti della Riserva. Ben 21 sono le specie di mammiferi che vivono nell’area protetta tra cui volpi, istrici, tassi, donnole, daini e cinghiali.

FAUNA IN RISERVA

Il Cinghiale

Riserva Naturale di Decima Malafede-fauna-cinghialeUn grosso mammifero ghiotto di vegetali

Il Cinghiale (Sus scrofa) è un mammifero artiodattilo, appartenente alla famiglia dei Suidi. È diffuso in Europa, Asia e Nord Africa; è stato introdotto nel Nuovo Mondo, in Australia ed in numerose isole del Pacifico.

In Italia, dal secondo dopoguerra, ha avuto un’espansione considerevole: attualmente è presente in Italia con piccoli popolamenti in Lombardia, Veneto, Trentino e Friuli; in maniera continua dalla Val d’Aosta sino alla Liguria, quindi lungo la penisola sino in Calabria, in Sardegna e recentemente introdotto in Sicilia.

Progenitore dei maiali domestici, è uno dei più grossi mammiferi della fauna europea (altezza al garrese 90–95 cm; peso del maschio 80-100 kg, della femmina 50-70 kg). Il mantello degli esemplari adulti può essere di un bruno molto scuro, quasi nero. I piccoli hanno un mantello a strisce longitudinali marroni e color crema. All’età di circa 4–6 mesi, le righe scompaiono progressivamente e gli animali diventano di un colore bruno–rossiccio sino circa al 24° mese, quando assumono la colorazione degli adulti.

Corpo affusolato e compatto, testa grande e conica terminante in un muso nudo, occhi piccoli, orecchie grandi, dritte e pelose. Dentatura e stomaco nonRiserva Naturale di Decima Malafede-fauna-cinghiale specializzati permettono al cinghiale una dieta onnivora composta per il 95-97% da vegetali. La componente animale è costituita da piccoli invertebrati, uova, nidiacei, rettili, anfibi, topi, conigli e carogne. Sfrutta bene le culture alle quali arreca spesso ingenti danni, in particolare: mais, cereali, vigneti, noccioleti e quasi tutti i prodotti ortofrutticoli.

È specie adattata ad ambienti forestali chiusi e ricchi di sottobosco, ma particolarmente adattabile. Nel nostro paese occupa ogni tipo di ambiente disponibile. Predilige i boschi decidui (soprattutto querceti) con radure e prati, estese boscaglie e macchie con presenza di acqua.

I maschi adulti sono solitari tranne che nel periodo degli accoppiamenti. Le femmine formano dei gruppi, composti da una o più femmine con legami di parentela e dai piccoli fino a 9–12 mesi di età.

L’accoppiamento ha luogo in autunno–inverno, la gestazione ha una durata media di 115 giorni ed i piccoli, tra 3 ed 8, vengono partoriti in un covo nascosto e foderato da foglie. È specie cacciabile in Italia (Legge 157/92) ed in Europa.

 

Germano Reale

Riserva Naturale di Decima Malafede-fauna-germano-realeL’Anas platyrhynchos, Germano Reale, trascorre gran parte della giornata sull’acqua e si spinge sulla terraferma solo per la nidificazione o per riposare. I suoi ambienti prediletti sono dunque quelli che presentano specchi o corsi d’acqua tranquilli – paludi, stagni, laghi e fiumi – circondati da porzioni di terreno sufficienti per sistemarvi il nido e sorvegliarlo.

Dicembre è il mese in cui i i germani terminano i corteggiamenti collettivi per la formazione delle coppie che riprenderanno a Febbraio-Marzo, ma in quest’ultimo periodo ormai le coppie saranno ben formate.
I maschi eseguono vari movimenti rituali, derivati in parte dall’atto del bere. La sequenza tipo di comportamento nuziale può essere così schematizzata: il maschio scuote il becco, si scuote e si stira, scuote la coda, si drizza sulla parte posteriore tenendo il becco rivolto verso l’acqua ed emettendo contemporaneamente un fischio seguito da un brontolio, assume quindi una posizione accorciata portando indietro il capo, sollevando le ali e drizzando la coda. Rivolgendosi più espressamente alla femmina, il “colloverde” nuota annuendo ritmicamente con il capo, mostra la nuca, si erge, solleva infine di scatto le parti posteriori toccando l’acqua con il becco.

 

 

FLORA IN RISERVA

L'Acero Campestre

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Acero campestre

Foglie di mille colori
L’Acero campestre (Acer campestre), detto anche Acero oppio o Albero della Vite, per via del suo uso tradizionale come tutore vivo della vite, è un albero diffuso in tutto il territorio italiano che può raggiungere i 15-20 metri di altezza, ma che frequentemente si presenta nei boschi misti sottoforma di cespuglio.

Si tratta di una specie a lento accrescimento e di facile individuazione, per via delle caratteristiche foglie a lamina palmata con 3-5 lobi separati da profonde incisioni. Al tatto la consistenza delle foglie è coriacea e presenta lungo le nervature principali una fitta peluria.

Di particolare impatto è la colorazione delle foglie durante il periodo autunnale, che varia dal giallo al rosso intenso prima della definitiva caduta. Nei mesi di aprile-maggio, contemporaneamente alla comparsa delle nuove foglie, spuntano, su brevi assi eretti, piccoli fiori giallo-verdi, da cui si svilupperanno in seguito i caratteristici frutti.

Si tratta di particolari frutti detti disamare, costituiti da due semi forniti ciascuno di una appendice alata di 2-4 cm semitrasparente, disposti tra loro a circa 180 gradi, utili a favorire la dispersione per mezzo del vento. Il loro moto, una volta distaccatesi dalla pianta, ricorda molto quello delle pale dell’elicottero. E’ grazie a questo accorgimento, che i semi possono essere trasportati dal vento lontano dalla pianta madre e, in condizioni favorevoli, germinare conquistando nuovi spazi. Il legno di questo albero è semitenero e, quindi, di facile lavorazione; in passato si impiegava per vari scopi come per la fabbricazione di attrezzi agricoli, di piccoli oggetti domestici o di bastoni da passeggio; ma il suo utilizzo più nobile è quello della fabbricazione dei violini.

Il noto liutaio, Antonio Stradivari, fu il primo ad utilizzarlo per fabbricare il fondo, le fasce laterali e i manici di questi bellissimi strumenti a corda.

Il legno è stato da sempre anche apprezzato per la produzione di carbone o come legna da ardere tanto che un vecchio detto romano recitava: “L’Oppio fa il fuoco doppio, l’Orniello fa il fuoco bello”. In passato la pianta è stata usata anche a scopo medicamentoso: in particolare il decotto della scorza di rami giovani, raccolti nei periodi primaverili, veniva applicato su pelli irritate; o ancora, il macerato delle gemme fresche veniva fatto ingerire per favorire l’eliminazione dei calcoli biliari.

Quercia da Sughera

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Quercia da sughera

La Quercia da sughera, scientificamente nota come Quercus suber, è un albero sempreverde distintivo e di fondamentale importanza ecologica ed economica, particolarmente diffuso nel bacino del Mediterraneo. Questa specie è rinomata per il suo straordinario strato di corteccia, il sughero, un materiale naturale unico per le sue proprietà di leggerezza, elasticità e impermeabilità all’acqua e all’aria.

La Quercia da sughera può raggiungere i 20 metri di altezza, sebbene più comunemente si attesti su dimensioni più modeste a causa delle frequenti operazioni di raccolta del sughero che influenzano il suo sviluppo. Presenta una chioma ampia e irregolare, con foglie piccole, di un verde scuro lucente, coriacee e con margini leggermente ondulati, adattate per resistere alle condizioni aride tipiche del clima mediterraneo.

La caratteristica più notevole della Quercia da sughera è la sua corteccia spessa e spugnosa, che viene estratta ogni 9-12 anni in un processo sostenibile che non danneggia l’albero. Questa pratica permette alla corteccia di rigenerarsi completamente, facendo della Quercia da sughera una risorsa rinnovabile preziosa. Il sughero raccolto viene utilizzato in una vasta gamma di prodotti, dai tappi per il vino a soluzioni isolanti, componenti per l’industria aerospaziale e oggetti di design, sfruttando le sue notevoli qualità isolanti, di resistenza al fuoco e di assorbimento delle vibrazioni.

LA GEOLOGIA

Rocce, Acque, Gas

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L’area della Riserva di Decima Malafede ha una storia geologica assai complessa e condizionata da numerosi e differenti eventi, tra cui spicca senza dubbio l’attività del Vulcano Laziale. Il più recente dei distretti vulcanici della provincia magmatica laziale è quello dei Colli Albani, del quale si manifestano oggi attività post e tardo-magmatiche soprattutto alla periferia delle caldere principali, laddove le faglie facilitano dalla camera magmatica la risalita di gas e fluidi caldi che, incontrando l’acquifero principale, ne arricchiscono le acque in sali minerali e gas disciolti.

Tracce di questa attività possono venire a giorno e sono visibili come nel caso della Solforata di Pomezia (uno dei più importanti geositi censiti all’interno della aree protette romane), situata nella zona sud-est della Riserva, dove il paesaggio regala il fascino di colori, forme e sensazioni insolite. Sulla superficie dei due laghetti principali, che manifestano colorazioni dal bianco al rosso, è facile osservare venute di gas; si tratta soprattutto di anidride carbonica (CO2) ed idrogeno solforato (H2S). E’ l’incontro di questi due gas, il primo pressochè inodore e il secondo dall’odore molto pungente, caratteristico, di uova marce, a creare la solfatara.

Queste solfatare erano cavate nel passato per ricavarne appunto lo zolfo, che si deposita su tutta la superficie come coltre bianco-giallastra. Piante ed animali si sono qui adattati ad un paesaggio quasi lunare. Le acque sono leggermente calde (31°C), ma a volte dopo i terremoti la temperatura aumenta. In zone più lontane, l’anidride carbonica presente nell’acqua delle sorgenti le rende “effervescenti naturali”: è il caso dell’Acqua Acetosa o di S. Paolo, nella vicina Riserva del Laurentino.

 

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Proprio in quella zona vi erano anche delle cave di lave basaltiche, ora dismesse, con cui si costruivano i sampietrini; i primi mineralisti del Regno Pontificio vi trovarono cristalli di calcite ed altri minerali, di cui le lave del Vulcano Laziale erano ricche. Anche le vicine Cave di Vallerano, ancora attive, parte delle quali sono nella Riserva di Decima Malafede, presentano colate laviche e sono ricche di numerose specie minerali; esse sono ricoperte da una coltre di alcuni metri di pozzolane, frutto di eruzioni successive, che ha formato uno strato orizzontale spesso circa 20 metri.

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Riserva Naturale di Decima Malafede

Villa Mazzanti – Riserva Naturale di Monte Mario
via Gomenizza, 81 – 00195 Roma
06.35405350

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