Monumento Naturale Galeria Antica

Una “città morta” alle porte di Roma

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Antico abitato di Galeria

“La città morta” di Galeria, come viene indicata sulle guide escursionistiche dei dintorni di Roma, è situata nelle vicinanze della via Braccianese,  dalla quale è raggiungibile, o direttamente utilizzando una sterrata che parte all’altezza del Km 9, o indirettamente svoltando all’altezza di Osteria Nuova su via di S. Maria di Galeria, per poi prendere, poco oltre l’omonimo e delizioso borgo agricolo, una nuova sterrata che porta, attraverso una suggestiva tagliata etrusca, ai piedi del Monumento Naturale, il cui territorio è interamente compreso all’interno della proprietà privata della Pisorno Agricola.

Dall’accesso posto su via di Santa Maria di Galeria si giunge ai piedi della rupe tufacea sulla quale sorge l’antico abitato di Galeria, fulcro del Monumento Naturale, che comprende l’area circostante per complessivi 40 ettari.

Da qui, l’originaria rampa di accesso alla città, oggi poco più di un sentiero, raggiunge la sommità piana della rupe e introduce in uno scenario al tempo stesso maestoso e struggente: una intera città, ancora “leggibile” nella sua urbanistica, letteralmente cadente e ormai sopraffatta dalla vegetazione naturale, che lentamente e sistematicamente sta riprendendo il proprio posto.

Ovunque lecci (Quercus ilex), alcuni dei quali secolari, piante di edera (Hedera helix) dal fusto imponente, bagolari (Celtis australis) e, in minor numero, roverelle (Quercus pubescens), crescono tra le mura cadenti, a volte quasi si fondono con queste, in un abbraccio letale per l’opera dell’uomo.

Monumento Naturale Galeria Antica-dove-andare-piazzetta del borgo di S. Maria di Galeria

La piazzetta del borgo di S. Maria di Galeria

Galeria Antica, abbandonata definitivamente nei primi dell’800, condannata probabilmente proprio dalla sua posizione isolata che in principio, proteggendola, ne aveva fatto la fortuna, è oggi uno straordinario laboratorio vivente, dove osservare in tempo reale le azioni intraprese dalla natura per riconquistare gli spazi e cancellare le tracce dell’ordine artificiale imposto dall’uomo.

È interessante osservare, ma non potrebbe essere altrimenti, come la flora sia ricca di specie rupestri e ruderali, come l’ombelico di venere (Umbilicus rupestris), la parietaria (Parietaria officinalis) e la felce Cedracca (Ceterach officinarum).

Ricca di suggestioni è anche l’area circostante l’alveo roccioso del torrente Arrone, ai piedi della rupe, dove spiccano i resti dell’antico mulino. L’umidità del luogo favorisce la presenza di numerose felci, tra cui la lingua di cane (Phyllitis scolopendrium) e la capelvenere (Adiantum capillus-veneris).

Mentre le acque del fiume sono popolate dal barbo, la rovella, la cagnetta e dal ghiozzo di ruscello.
Numerose inoltre le specie di uccelli presenti: cince e ballerine, ma anche il gheppio, la civetta e non di rado il nibbio bruno.

FAUNA IN RISERVA

L'Allocco

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Allocco

Lamenti nella notte
L’Allocco (Strix aluco) è un rapace notturno noto soprattutto per il canto del maschio che somiglia ad un lamento, ma quante persone sono in grado di riconoscere la sua silhouette, robusta e compatta anche in volo?

La colorazione delle penne, variabile dal castano rossiccio al grigio scuro, lo rende molto simile alla corteccia degli alberi, tuttavia fare il suo incontro è più facile di quanto si pensi, perché si adatta senza difficoltà alla vicinanza con l’uomo.

Le aree verdi urbane sono ambienti idonei purché boschi od altri luoghi di nidificazione si alternino ad aree aperte utilizzate come territorio di caccia; la sua dieta è costituita da piccoli mammiferi, soprattutto topi, uccelli, anfibi e insetti.

Le prede non vengono digerite completamente per cui ossa, peli, penne, e parti dure chitinose nel caso in cui vengano mangiati insetti, vengono rigurgitate regolarmente sotto forma di piccoli ammassi ovoidali chiamati “borre”. L’analisi delle borre fornisce sia informazioni sull’alimentazione di questi uccelli, sia importanti dati sulla diffusione ed abbondanza dei piccoli mammiferi, difficilmente osservabili in natura.

L’allocco generalmente nidifica in cavità di grossi alberi o rocce, ma utilizza spesso anche edifici, torri e ruderi; occupa volentieri cassette nido. Depone una covata all’anno a partire dal mese di febbraio; dopo circa un mese i piccoli escono dalla cavità sparpagliandosi nelle vicinanze ed a volte dopo il primo tentativo di volo cadono a terra. Si possono di nuovo arrampicare verso l’alto, aggrappandosi ai tronchi ed ai rami e spostandosi da un posatoio all’altro, per poi stazionare nei nascondigli che appaiono più sicuri.

Gli adulti continuano a portare cibo ai giovani fino a 2 mesi, dopodiché questi ultimi cominciano a disperdersi. I piccoli posati sui rami o caduti a terra vengono spesso scoperti dai gitanti e portati a casa per compassione, mentre dovrebbero esser lasciati dove sono stati trovati: gli adulti continuano a nutrirli anche se sono stati toccati dall’uomo.

FLORA IN RISERVA

Il Leccio

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Leccio (Quercus ilex)

Leccio & co. Quando il clima si fa duro…
Il Leccio (Quercus ilex), detto anche “elce”, è la quercia più rappresentativa della flora mediterranea: presente lungo tutta la penisola, è più abbondante sul versante tirrenico, dove risale i rilievi calcarei anche oltre i 1000 metri. Lungo la fascia costiera, quando l’ambiente non è disturbato, può svilupparsi, dalla linea di riva verso l’interno, una successione di formazioni vegetali via via più complesse, in corrispondenza di un crescente arricchimento organico del suolo.

L’associazione finale, detta climax, è una foresta sempreverde il cui strato arboreo è dominato dal leccio, chiamata appunto lecceta. Verso costa, o in conseguenza di alterazioni antropiche (incendi, ceduazioni), la lecceta degrada in una macchia più o meno alta, del tutto simile come composizione, costituita per la quasi totalità da latifoglie sclerofille, ossia piante a foglia coriacea e persistente.

La grande somiglianza reciproca delle piante di macchia è espressione di una specifica e del tutto simile risposta adattativa all’aridità estiva tipica del clima mediterraneo.

Quando la riserva idrica del suolo rischia di terminare, le piante della macchia mettono in atto un meccanismo di sicurezza “estremo”: chiudendo gli stomi (le aperture attraverso cui avvengono gli scambi gassosi), il flusso di acqua proveniente dalle radici si interrompe, provocando uno stato di vero e proprio riposo vegetativo. A compensazione dei “costi” e della ridotta produttività causati da questa strategia di resistenza, l’attività fotosintetica, e le foglie, vengono mantenute anche nel periodo invernale.

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Monumento Naturale Galeria Antica

Via di Santa Maria di Galeria
00123 – ROMA
06.35491587

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