Flora

Esplora la Ricchezza della Flora

Il Mito

Secondo la mitologia, Zefiro il vento di primavera, innamoratosi di Flora la rapì per sposarla offrendole come dono d’amore il regno dei campi e dei giardini. Da allora il mondo vegetale prese il nome di Flora.

Sin dall’antichità a questo regno sono state associate molteplici leggende e ad ogni fiore la mitologia, la tradizione popolare e gli eventi naturali hanno collegato un significato particolare. Il mito e il folclore hanno spesso associato le fioriture all’amore, alla bellezza, alle cure o ai sortilegi. Un’antica leggenda narra di come la dea Agdistis, innamorata follemente del dio Atti, cercò di impedire le sue nozze con Atta, facendolo impazzire. Il dio in preda alla follia iniziò ad errare senza meta nelle radure finché sfinito con un pugnale si tolse la vita. Dalle gocce di sangue sgorgate dalla ferita mortale e cadute sul terreno nacquero le viole. Da quel giorno in molti luoghi, in ricordo di ciò, chi vuol avere fortuna in amore si reca nei boschi per raccogliere le prime violette che spuntano all’inizio della primavera.

Altre storie tramandano di come il ciclamino venisse piantato per la protezione da sortilegi o malefici, di come la calendula fosse per gli antichi romani l’emblema delle pene d’amore ed intrecciata ad altri fiori rappresentasse la catena incostante della vita, o di come la margherita nel Medioevo rappresentasse il candore, l’innocenza e la titubanza, tanto che le nobildonne per rifiutare gli omaggi di un cavaliere si adornavano con la stessa.

Ancora oggi i fiori sono donati per comunicare i propri sentimenti verso un’altra persona…Rosa bianca: candore ed innocenza, Rosa canina: indipendenza, Rosa gialla: infedeltà e gelosia, Rosa rosa: tenerezza, Rosa rossa: passione, Rosa arancio: fascino, Rosa color pesca: amore segreto.

A questo punto non resta che visitare le Riserve e i parchi di RomaNatura ed immergervi nei colori e nei profumi che il patrimonio floristico della Capitale regala ogni giorno.

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La flora romana è un incredibile mosaico di specie, che varia dalle piante autoctone mediterranee ai rari esemplari importati durante l’epoca imperiale, fino alle specie introdotte più recentemente. Questa diversità si manifesta in una vasta gamma di ambienti: dai parchi urbani ai giardini storici, dalle riserve naturali alle antiche rovine, ogni angolo di Roma racconta una storia attraverso le sue piante.

Nelle aree verdi di Roma, come il famoso Parco Regionale dell’Appia Antica o la Riserva naturale di Monte Mario, possiamo ammirare specie caratteristiche del paesaggio mediterraneo. Qui, lecci secolari, cipressi eleganti e pini marittimi dominano il paesaggio, offrendo un habitat essenziale per la fauna locale. Questi ecosistemi sono vitali non solo per la loro bellezza e per il loro valore storico, ma anche per il loro ruolo nel mantenimento dell’equilibrio ecologico e nella lotta contro l’inquinamento urbano.

I Boschi a Querce caducifoglie

Le specie di querce caducifoglie della flora italiana sono dodici, tra queste quelle più presenti all’interno delle aree naturali protette di RomaNatura sono la farnia, la roverella, il cerro ed il farnetto.

Il farnetto e la farnia sono piuttosto rare, principalmente per cause antropiche; mentre la roverella ed il cerro sono più diffuse per un maggior utilizzo che l’uomo ne ha fatto nella gestione selvicolturale.

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Farnia (Quercus robur)

La Farnia, nota scientificamente come Quercus robur, è una delle specie di querce più diffuse e apprezzate nelle foreste europee, rappresentando un simbolo di forza e longevità. Questo albero maestoso fa parte della famiglia delle Fagaceae e si distingue per la sua imponente statura, potendo raggiungere e superare i 40 metri di altezza in condizioni ottimali, con una longevità che può estendersi fino a diversi secoli.

Caratterizzata da un tronco robusto e diritto, la Farnia sviluppa una chioma larga e ramificata, che fornisce un’ombra densa e fresca. Le sue foglie sono caduche, di un verde intenso, con margini lobati e una texture leggermente cuoiosa, che si trasformano in sfumature di giallo brillante e marrone dorato in autunno, arricchendo il paesaggio di colori vivaci. I fiori della Farnia sono discreti e si presentano in primavera sotto forma di amenti; i frutti sono ghiande, apprezzate da numerose specie di fauna selvatica come cinghiali, piccoli roditori e uccelli.

Oltre al suo valore ecologico come specie chiave nelle foreste miste e decidue, la Farnia ha un’importante valenza economica. Il suo legno, duro e resistente, è molto ricercato per la fabbricazione di mobili di pregio, pavimentazioni, costruzioni navali e carpenteria in generale, grazie alla sua elevata durabilità e alla bellezza della sua venatura. La Farnia la troviamo più di frequente nei boschi planiziali sfuggiti alla bonifica, come la Macchia di Capocotta all’interno della Riserva Naturale di Decima Malafede

La Farnia è anche un albero di grande importanza ambientale, contribuendo alla biodiversità delle foreste in cui cresce. Offre riparo e cibo a una vasta gamma di specie animali e svolge un ruolo cruciale nel sequestro di carbonio, aiutando nella lotta contro il cambiamento climatico.

Coltivare e proteggere la Farnia significa quindi non solo preservare un patrimonio naturale di inestimabile valore ma anche investire in un futuro sostenibile per le nostre foreste e per il pianeta. Il suo imponente portamento e la sua resilienza la rendono un emblema della natura, simbolo di stabilità e continuità nel tempo.

La Roverella, scientificamente nota come Quercus pubescens, è una quercia decidua particolarmente diffusa nelle regioni temperate e calde d’Europa,

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Roverella (Quercus pubescens)

caratterizzata dalla sua notevole adattabilità e resistenza. Questo albero fa parte della famiglia delle Fagaceae e si distingue per la sua capacità di prosperare in una vasta gamma di condizioni ambientali, prediligendo colline e pendii soleggiati, terreni calcarei e ambienti boschivi aperti.

Con un’altezza che può raggiungere i 20-25 metri, la Roverella presenta una chioma rotondeggiante e folta, che offre un’ombra rinfrescante durante i mesi estivi. Le sue foglie, di un verde brillante e vivace, sono piccole, lobate e coperte da una leggera peluria sulla parte inferiore, caratteristica che dà il nome alla specie (“pubescens” significa appunto peloso). Queste foglie cadono in autunno, dopo aver regalato sfumature di giallo, arancione e marrone, contribuendo alla palette di colori del paesaggio autunnale.

I fiori della Roverella sono modesti e appaiono in primavera sotto forma di amenti. Le ghiande, il frutto della Roverella, sono un’importante fonte di nutrimento per la fauna selvatica, incluse diverse specie di uccelli e mammiferi.

Oltre al suo valore ecologico, la Roverella è apprezzata per il suo legno, che, sebbene non sia duro quanto quello di altre querce, è tuttavia resistente e lavorabile, utilizzato in falegnameria, per la produzione di mobili rustici, e in carpenteria, per travi e strutture portanti.

La capacità della Roverella di adattarsi a terreni poveri e asciutti la rende una specie preziosa per la prevenzione dell’erosione e il mantenimento della biodiversità in aree a rischio di degrado. La sua presenza arricchisce gli ecosistemi boschivi, contribuendo a creare habitat vari e dinamici che sostengono una ricca varietà di vita.

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Cerro (Quercus cerris)

Il cerro (Quercus cerris) è una specie piuttosto esigente per l’acqua ed è presente anche nei boschi planiziali in cui si associa alla farnia.

Il cerro elude male la siccità estiva, perché entra più tardi in vegetazione ed in fioritura. Tipiche sono le cerrete della Riserva Naturale della Marcigliana. Il farnetto (Quercus frainetto) in Italia è sempre misto al cerro con cui spesso viene confuso, ma rispetto a quest’ultimo resiste meglio all’aridità. Si può osservare nella Macchiagrande di Trigoria all’interno della Riserva Naturale di Decima Malafede.

Tutte le querce caducifoglie entrano in rapporto di mescolanza e di concorrenza con altre specie in base alle condizioni geo-morfologiche in cui si trovano. In breve è possibile individuare le seguenti categorie, in consociazione con grandi latifoglie quali il frassino, gli olmi, l’acero ed il ciliegio:

  • cerrete di terreni collinari profondi con acero opalo e sorbo terminale e carpino bianco;
  • cerrete di suoli acidi con ginestra ed erica;
  • querceti di cerro e roverella in suoli argillosi;
  • querceti a roverella e leccio.

I Boschi a Querce sempreverdi

Querce sempreverdi tipiche dell’ambiente mediterraneo sono il leccio (Quercus ilex) e la sughera (Quercus suber). Si presentano in natura spesso consociate con altre specie sclerofille in base alle condizioni edafiche e climatiche, costituendo la macchia mediterranea.

In alcuni casi la sughera è stata privilegiata dall’azione umana (raccolta del sughero) e forma dei boschi puri. Un esempio è la Sughereta di Vallerano all’interno della Riserva Naturale di Decima Malafede.

Sughera

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Sughera (Quercus suber)

La Sughera, scientificamente noto come Quercus suber, è un albero sempreverde appartenente alla famiglia delle Fagaceae, distintivo per la sua corteccia spessa e porosa da cui si ricava il sughero. Originario del bacino del Mediterraneo, il Sughero prospera in aree caratterizzate da inverni miti e estati calde e asciutte, trovando un habitat ideale nelle foreste e nei paesaggi collinari di Portogallo, Spagna, Algeria, Marocco, Italia, e Tunisia.

il Sughero è molto più di un semplice albero: è un simbolo di equilibrio ecologico, una risorsa rinnovabile preziosa e un pilastro delle culture mediterranee. La sua coltivazione e utilizzo rappresentano un modello di armonia tra uomo e natura, sottolineando l’importanza di pratiche agricole sostenibili e della conservazione degli ecosistemi naturali.

L’albero di Sughero può raggiungere un’altezza di 20 metri, ma più comunemente si attesta sui 10-15 metri. Presenta una chioma ampia e irregolare, con foglie piccole, coriacee e di un verde scuro brillante, caratteristiche che contribuiscono alla sua resilienza in condizioni di siccità. La vera peculiarità del Sughero, tuttavia, risiede nella sua corteccia, un tessuto vegetale secondario che l’albero produce in abbondanza. Questa corteccia è composta da una moltitudine di cellule morte piene d’aria, che conferiscono al sughero le sue note proprietà di leggerezza, elasticità e impermeabilità.

Il processo di estrazione del sughero è un esempio di sostenibilità e rispetto ambientale. La corteccia può essere rimossa dall’albero senza arrecare danni al tessuto vivente, un’operazione che avviene durante i mesi estivi ogni 9-12 anni, garantendo così la rigenerazione della corteccia e la salute a lungo termine dell’albero. Questa pratica millenaria testimonia un equilibrio tra le esigenze economiche dell’uomo e la conservazione degli ecosistemi forestali del sughero.

Il Leccio

Il Leccio, noto scientificamente come Quercus ilex, è un albero sempreverde appartenente alla famiglia delle Fagaceae, emblematico dei paesaggi

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Leccio (Quercus ilex)

mediterranei. Caratterizzato da una notevole longevità e robustezza, il Leccio è adattato per eccellenza agli ambienti caratterizzati da estati calde e secche e inverni miti, tipici del clima mediterraneo. Questa specie arborea riveste un ruolo ecologico fondamentale nei boschi e nelle macchie mediterranee, contribuendo alla biodiversità e alla stabilità degli ecosistemi in cui prospera.

Il Leccio può raggiungere altezze comprese tra i 15 e i 25 metri, presentando una chioma densa e arrotondata che offre ombra e rifugio a numerose specie animali. Le sue foglie sono piccole, coriacee e di un verde scuro lucente, con margini leggermente ricurvi verso il basso, caratteristiche che le rendono efficienti nel ridurre la perdita di acqua durante i mesi estivi più aridi. Il lato inferiore delle foglie è spesso ricoperto da una sottile peluria, che aiuta a minimizzare l’evaporazione.

La corteccia del Leccio è spessa e screpolata, variando in colore dal grigio al quasi nero, conferendo all’albero un aspetto imponente e maestoso. I fiori, discreti e poco appariscenti, si presentano in due forme separate: maschili, sotto forma di amenti penduli, e femminili, più piccoli e solitari. Il frutto, una ghianda, è un importante fonte di nutrimento per la fauna selvatica, tra cui uccelli, piccoli mammiferi e in particolare, per il cinghiale.

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