Il Sistema Ecologico

Il paesaggio agricolo, il territorio e la vegetazione

Roma è la capitale europea più verde d’Europa (con un superficie agricola del 40%) e le aree protette gestite da RomaNatura con i loro oltre 16.000 ettari di superficie contribuiscono a far mantenere alla città, nonostante le forti pressioni dovute all’urbanizzazione, questo primato. Attraversando queste aree, si può notare che la morfologia del paesaggio è ancora quella tipica della Campagna Romana.

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Barbagianni comune (Tyto alba)

L’andamento dolcemente collinare del terreno solcato dai fossi, i lembi di vegetazione boschiva e ripariale, i casali storici, i campi coltivati ed il pascolo sono la testimonianza di un lavoro lento che nei secoli l’uomo ha compiuto sulla natura e che rappresenta oggi un importante patrimonio storico ed ambientale che prende il nome di Agro Romano.

Proprio per questo motivo, molto più che in altre aree protette, la vegetazione e la naturalità che si riscontrano nei parchi di Roma spesso non sono il frutto di una successione spontanea, ma sono invece legate all’azione dell’uomo sul territorio.

Pertanto oggi il paesaggio agrario costituisce un elemento fondamentale di interconnessione fra l’attività umana ed il sistema ambientale, in cui la capacità dell’uomo sul territorio si esplica con modalità diverse, che possono variare in relazione alle diverse situazioni ambientali ed alle diverse tecniche produttive, ma che comunque si basano sulla necessità di trovare un equilibrio con l’ambiente.

Da qui la necessità di porre la tutela del paesaggio agrario tra le priorità, anche per la frammentarietà e la complessità del territorio. La valorizzazione dello spazio rurale deve essere finalizzata alla tutela dei valori e dei fattori produttivi legati direttamente o indirettamente al mondo rurale, con l’obiettivo di promuovere e rivitalizzare la cultura delle aree agricole, seriamente minacciate dal predominio delle realtà urbane ed industriali e dai fenomeni dell’abbandono e del degrado socio-economico. Per tali ragioni, interpretare il paesaggio vegetale in un comune antropizzato come Roma significa ricostruire tutta una catena di relazioni tra gli elementi naturali, quali la litologia ed il clima, e quelli artificiali, come le complesse evoluzioni storiche dell’uso del suolo legate a fattori politici, sociali ed economici.

Nondimeno all’interno delle 16 aree naturali protette esistono ancora lembi di vegetazione che nonostante la forte antropizzazione offrono spunti

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Ciclamino

di “naturalità”. Dal punto di vista vegetazionale, l’Agro Romano nella capitale si trova in una situazione di transizione ecotonale fra più fasce vegetazionali. Abbiamo un orizzonte mediterraneo delle sclerofille sempreverdi, caratterizzato dalle essenze sempreverdi della macchia mediterranea (suddiviso in suborizzonte litoraneo corrispondente alla fascia dell’olivo e del carrubo e suborizzonte eumediterraneo dominato da querceti sempreverdi come le leccete) e un orizzonte delle latifoglie eliofile suddiviso in suborizzonte submediterraneo dei querceti caducifogli xerofili con roverella e suborizzonte submontano delle cerrete.

In realtà questa suddivisione, nel suo schematismo, non tiene conto delle tante differenze nelle situazioni ambientali che determinano l’estrema variabilità del paesaggio vegetazionale. E questo è tanto più presente in un sistema complesso come le aree naturali protette distribuite a macchia di leopardo su tutto il territorio della Capitale, che risentono in maniera diversa delle condizioni non solo climatiche, ma anche geo-morfologiche.

Per esempio la Riserva Naturale di Decima Malafede per la sua collocazione più meridionale risente della vicinanza del mare e per questo motivo presenta in prevalenza specie quali il leccio, la sughera e le querce caducifoglie, quali la roverella e la farnia. Mentre a nord-est, la Riserva Naturale della Marcigliana risente della presenza dei monti Lucretili con un clima più umido, che privilegia la presenza della cerreta insieme all’orniello, alla roverella, all’acero oppio ed al carpino nero.

Per una descrizione più specifica della vegetazione e degli ambienti presenti nelle singole aree si rimanda alla descrizione generale di ciascuna, mentre nei box di seguito vengono descritte le caratteristiche generali delle tipologie di boschi più frequenti nell’intero sistema delle aree protette, utili come chiave di interpretazione per una lettura delle singole aree.

“Alieni” a Roma

Si definiscono alloctone (esotiche, aliene, introdotte) le specie migrate al di fuori della loro naturale distribuzione geografica, tramite l’intervento dell’uomo o di animali domestici, a partite dal Neolitico.

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Robinia pseudoacacia

Nei parchi romani insieme alla fauna e alla flora autoctone, sono presenti alcune speciealiene”, che per ragioni diverse vi sono arrivate. Tra queste sono state censite la robinia (Robinia pseudoacacia), l’ailanto (Alianthus altissima), lo stramonio (Datura stramonium), specie vegetali esotiche; o ancora tra quelle animali il daino (Cervus dama) di origine asiatica o il fagiano comune (Phasianus colchicus).

Le specie alloctone possono agire interferendo nei rapporti tra i componenti di una comunità di animali e piante, modificando gli equilibri degli ecosistemi.

In genere, la maggior parte delle specie non riesce ad adattarsi nei nuovi ambienti soprattutto per esigenze riproduttive ed ambientali; tuttavia la piccola parte che riesce a sopravvivere può diventare una minaccia per altre specie, meritandosi la definizione di “invasiva”.

Ogni introduzione è un caso a sé, ma la probabilità che una specie aliena riesca ad insediarsi con successo è strettamente correlata al grado di disturbo antropico e di alterazione dell’ambiente naturale: gli ecosistemi caratterizzati da reti ecologiche ricche di specie sembrano più resistenti alle invasioni biologiche rispetto agli ecosistemi più depauperati.

L’introduzione di specie aliene provoca cambiamenti nelle relazioni all’interno delle comunità naturali con una conseguente alterazione dei processi evolutivi, determinando spesso l’estinzione totale di specie autoctone. Tale minaccia è implicitamente riportata nelle leggi che tutelano le nostre aree protette, come la legge quadro 394/91, che detta principi fondamentali per la conservazione del patrimonio naturale, e la legge regionale 29/97.

Pertanto nei parchi è vietata l’introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l’equilibrio di un ecosistema.

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