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Il Rovo – Non solo more
Al Rovo (Rubus ulmifolius) è comunemente associata un’indefinita percezione di degrado, confermata anche da verbi dalla connotazione negativa come “infestare”, “invadere” o “soffocare”, con cui viene abitualmente espressa la sua comparsa. L’abbondanza di spine aguzze su tutta la pianta, nervature fogliari incluse, accresce la sensazione di fastidio ad essa collegata.
A dispetto di ciò, o meglio proprio per gli stessi motivi, il rovo è probabilmente una delle piante più importanti per la conservazione dei sistemi
naturali, dove la grande capacità di rigenerazione, la velocità di propagazione e la rapidità di accrescimento, proprietà sgradite alla maggior parte
delle attività produttive, ne fanno un elemento fondamentale nel processo di evoluzione della vegetazione verso stadi più maturi.
Il rovo, specie prettamente eliofila, riesce perciò a colonizzare rapidamente i terreni lasciati spogli da eventi distruttivi per la vegetazione
(fuoco, tagli boschivi, lavorazioni agricole), creando i presupposti per il ritorno delle specie forestali, e quindi per la propria progressiva scomparsa.
La sua azione si realizza a più livelli: le siepi di rovo “catturano” i semi delle specie arboree pioniere (aceri, carpini e frassini) che hanno così modo
di germinare nel suolo arricchito dall’apporto organico, mentre le giovani piante beneficiano della protezione da insolazione e gelate fornita dal rovo,
che agisce, per così dire, da incubatrice naturale
Tratto da Guide ai servizi delle aree naturali protette Ente Regionale RomaNatura