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Borghetto dei Fornaciari

Il Borghetto di Valle Aurelia, situato in prossimità del Parco Regionale Urbano Pineto, annesso alle fornaci sorte nella Valle dell’Inferno – il locus inferus dei Romani, corrotto nel Medioevo in infernus – si sviluppò durante il periodo di intensa attività edilizia successiva alla designazione, da parte del Parlamento, di Roma Capitale del Regno d’Italia. Ma lo sfruttamento della zona per l’estrazione dell’argilla e per la realizzazione dei mattoni risale al I sec. d.C., perdura fino al tardo Impero, e, dopo una flessione nel Medioevo, riprende a pieno ritmo durante il Rinascimento con la costruzione della Basilica di S. Pietro. Oggi rimangono gli emblematici resti delle fornaci Pomilia (all’interno del Parco Regionale Urbano Pineto) e Veschi, vicino alla stazione “Valle Aurelia” della linea metropolitana. Residui delle diciotto fabbriche di mattoni che, sfruttando le cave argillose, hanno fornito materiale per costruire la Roma papalina e successivamente la Capitale. Rimaste in funzione fino ai primi anni ‘60, dopo la dismissione in pochissimo tempo sono passate dall’abbandono alla fatiscenza. Il Borghetto, costruito e abitato dai fornaciai provenienti dal Lazio, dalle Marche e dalla Toscana, costituisce ancora un importante segmento storico-ambientale della città . Questo ambiente proletario che Lenin stesso definì “Piccola Russia” fu naturalmente ribelle e antifascista; si diceva infatti che in questi luoghi erano tutti Arditi del Popolo, che si confrontavano, quotidianamente, con i padroni delle fornaci Vaselli, Bonomi, Bellagamba e Veschi. Due sono le epigrafi a memoria dei più significativi esponenti della resistenza romana operante in questa zona, i “Martiri fornaciari”. La prima è in via di Valle Aurelia 37, all’esterno della ex Casa del Popolo, la seconda in via Baldo degli Ubaldi al civico 386.
In passato, però, il Comune aveva equiparato l’insediamento a borghetti formati da baracche e ne aveva deciso la demolizione con le Delibere n. 799 e n. 2923, adottate nel febbraio e nel maggio 1981, assegnando gli alloggi popolari del Piano di Zona Pineto alle numerose famiglie presenti. Le decisioni della Giunta Comunale furono prese senza interpellare gli attori locali e i diretti interessati che seppero della demolizione solo nel mese di giugno. L’indignata protesta dei Comitati di Quartiere della zona nord della città e dell’Associazione ambientalista Italia Nostra, volta alla sospensione delle distruzioni indiscriminate di case, che tra l’altro risultarono in buono stato, portarono a salvare almeno gli edifici posti lungo il fronte stradale, quelli sulla collina, la vecchia osteria e la chiesetta. Dopo un lungo periodo di abbandono, negli ultimi anni è stato avviato il risanamento, attraverso lo strumento dei Programmi di recupero urbano Art.11 (legge 493/93), finalizzati alla valorizzazione ed alla conservazione dei quartieri degradati di Roma. Rinasce così l’antico “borgo dei fornaciari”.

Antonella Giacomini (tratto da Atlante dei Beni Culturali delle Aree Naturali Protette di RomaNatura)


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